mercoledì 3 ottobre 2007

Rubavano tre auto al giorno e poi chiedevano il «pizzo»

(fonte La Gazzetta del Mezzogiorno, 3.10.2007)
Una famiglia intera di oritani a gestire un'associazione per delinquere finalizzata a estorcere denaro ai proprietari di veicoli e mezzi agricoli. Padre, madre e due figli. Compreso un nipote, che fungeva da intermediatore, ed è riuscito ad evitare il carcere. Padre e due figli finiti in cella con i loro complici, la mamma agli arresti domiciliari sol perché ha un bambino a cui accudire.
In tutto sono quattordici le persone coinvolte in questa operazione denominata «Doberman»: undici arrestate, una irreperibile e due indagate a piede libero.

Gli arrestati sono Damiano Castrovillari, 41 anni, capofamiglia, i figli Alessandro (arrestato nella tarda mattinata) e Dario, soprannominato «doberman» e dopo vedremo perché, la moglie Daniela Spina, Maurizio De Michele, 35 anni (assegnato ai domiciliari), Crocefisso Fitto, 36 anni, detenuto nella casa circondariale di Taranto, Fabio L, 19 anni, all'epoca dei fatti minorenne (nei suoi confronti ha proceduto la procura per i minori di Lecce), tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alle estorsioni, Michele Pinto, 46 anni, Cosimo Saccomanno, 38 anni, e Luana Panzetta, 27 anni (ai domiciliari), accusati di detenzione e spaccio di cocaina, eroina ed hashish in concorso con Dario Castrovillari.
Non è stato ancora rintracciato Francesco Palmisano.
Nei confronti di M. L, 54 anni, e G. E è stata applicata la misura dell'obbligo della di dimora nel comune di Oria: il pubblico ministero Adele Ferraro aveva chiesto l'arresto, ma il giudice per le indagini preliminari Antonia Martalò ha ritenuto sufficiente una misura cautelare meno pesante.
La banda operava tra le province di Brindisi, Taranto e Lecce. Rubava vetture in continuazione. Anche tre al giorno. E riposava, come tutti i lavoratori, la domenica. Oggetto delle loro attenzioni erano le vetture di piccola e media cilindrata e mezzi agricoli. La richiesta di «pizzo» oscillava tra i mille e i duemila euro. Con lo sconto per amici e conoscenti.
La banda, secondo le indagini svolte dai carabinieri, era capeggiata dalla famiglia Castrovillari. Ognuno aveva compiti ben definiti. C'era la «mente» che era il capofamiglia; c'erano i figli che erano i bracci operativi («doberman» anche per lo smercio delle sostanze stupefacenti), la moglie che aveva il compito di «pronto intervento»: quando qualcuno della banda, durante i furti, aveva bisogno di essere prelevato e portato al sicuro, arrivava lei. C'era Spina («quello della legna») che fungeva da intermediatore. Era noto in Oria. Dopo il furto del mezzo bisognava andare da lui e il contatto era assicurato. Magari anche lo sconticino. Stesso ruolo aveva Fitto.
I due erano stati arrestati il 17 aprile scorso nel corso di un tentativo di estorsione in danno di un insegnante francavillese. Cinque mesi prima i carabinieri avevano trasmesso i risultati delle loro indagini ai sostituti procuratori Adele Ferraro della Procura di Brindisi e Simona Filoni della procura per i minori perché uno degli indagati aveva 17 anni. Era praticamente un'ulteriore conferma del castello accusatorio.
I due pm chiedono gli arresti e i gip Martalò e Raffaele Casto del tribunale per i minori li concedono. Tranne per P G., che è titolare di una ditta di soccorso e deposito di autoveicoli ritenuto responsabile di avere fornito alla banda gli «spadini» per forzare le serrature degli automezzi, ed M. I.
Ieri mattina il blitz. Alla cattura sfuggono in due. Ma nella tarda mattinata i carabinieri ammanettano Alessandro Castrovillari.

«La gente di Oria chiede giustizia»


Il numero relativamente contenuto delle ordinanze di custodia cautelare eseguite è sintomatico della voglia, da parte delle stesse istituzioni, di fornire una risposta puntuale e tempestiva di tutti gli organi rappresentanti dello Stato, delle forze dell'ordine presenti sul territorio (in primis il presidio della locale stazione carabinieri) agli organi inquirenti e giudicanti della Procura di Brindisi ben attenta alla situazione della sicurezza e dell'ordine pubblico della provincia brindisina».
II tenente Pasquale Ferrali, comandante del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Francavilla Fontana, ha seguito momento per momento l'evolversi dell'inchiesta «Dobermaiv>. Conoscitore della realtà locale (sono cinque anni che dirige l'organo investigavo della Compagnia), proseguendo la conferenza stampa spiega: «Non è escluso che continuano nelle investigazioni per un lasso di tempo più prolungato rispetto rispetto a quello che ha interessato questi due filoni, si sarebbero raccolti elementi indiziari più consistenti anche nei confronti di altre persone, le cui responsabilità accertate dai carabinieri, comunque riportate all'autorità giudiziaria, non sono state sufficienti per giustificare l'emissione di provvedimenti restrittivi della libertà personale anche nei loro confronti».
«Un ulteriore dato estremamente significativo in tal senso - aggiunge l'ufficiale - è il periodo intercorso dalla data dei fatti-reato che hanno dato 1'input alle investigazioni a quella che ha visto l'emissione e l'esecuzione dei provvedimenti restrittivi».
«Oria e gli oritani tuttavia -prosegue Ferrari -, permettetemi questa considerazione visto che ormai sono diversi anni che vivo in questa realtà, non sono né gli indagati della "Bamba", né quelli della "Dobermann" (ma potremmo nominare anche i ventisei della "D.O.C"., operazione portata a termine nel marzo 2003, o quelli del duplice omicidio dei fratelli Livio e Salvatore Italiano). Raccolgo quotidianamente il grido di dolore che si leva dalla Oria sana, in tutti gli angoli della città, che piange per questi avvenimenti di cronaca e che chiede Giustizia perché non si riconosce nelle malefatte di questi loro concittadini».
Oria è città di storia, di cultura. È la città del Palio e del Corteo storico. Ma come tanti altri centri ha vissuto i guasti provocati al tessuto sociale da quell'organizzazione mafiosa tutta nostrana che fu la Sacra corona unita. Nel 1983 furono degli oritani ad essere massacrati nella masseria abbandonata in contrada «Muntani», a Mesagne da killer fatti venire da lontano su incarico della Scu per eliminare: Furono massacrati a colpi di canne mozze Di Levrano, Chirico e Mele. Si salvò un quarto giovane che non potè andare con i suoi amici. Oria per anni è stata soffocata dalle frange della Scu che muovevano dai comuni di Manduria e Francavilla Fontana. Non si viveva tranquilli. Un pomeriggio, era la festa dell'Immacolata, un malavitoso locale, incazzato di suo, pretese la chiusura dei bar di un'intera zona.
I tempi per fortuna sono cambiati. La Sacra corona ora non fa più paura. Ma è rimasto quel fenomeno odioso che va sotto il nome di «cavallo di ritorno» con il quale la Scu cominciò a fare la sua fortuna. Ma i tempi come si diceva sono cambiati. I cittadini denunciano. A volte lo fanno nascondendosi dietro l'anonimato. Ma la cosa importante è che le forze dell'ordine non vengono più viste con timore.



«Stasera lu dobbennam è chiappatu» Dario Castrovillari dopo ogni furto telefonava alla moglie per annunciare che era andata bene

«Stasera lu dobberman è chiappatu arretu».
Dario Castro villari, 23 anni, oritano, ogni volta che rubava una vettura telefonava alla moglie per informarlo che il suo blitz era andato a buon imo. Non immaginava il giovanotto che i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della Compagnia di Francavilla Fontana, comandata dal capitano Fabio Guglielmoni fossero in ascolto.
L'inchiesta sui furti di autovetture era in corso. C'era tanta gente che denunciava il furto del mezzo e poche ore dopo lo ritrovava. È chiaro che qualcosa non quadrava. Si era ar rivati a tre furti al giorno. L'imput alle indagini viene da quest'alto numero di denunce e di rinvenimenti di auto e mezzi agricoli.
Emergono una serie di elementi che convergono sulla famiglia Castrovillari. Scattano le intercettazioni telefoniche. E si ha la conferma del ruolo di «doberman». Che, peraltro, è invischiato nel traffico di sostanze stupefacenti con Cosimo Saccomanno, Michele Pinto e Luana Panzetta, arrestata nel maggio del 2006 perché trovata in possesso di tre «pietre» di eroina. La Panzetta, con un'altra donna e un uomo, viene bloccata in auto nella strada interpoderale che collega Oria con la statale 7. Poco prima a San Donaci due malviventi avevano compiuto una rapina nella filiale del Banco di Napoli. I carabinieri stanno effettuanto posti di blocco. La vettura procede ad alta velocità. Viene fermata. I tre non corrispondono ai rapinatori. Ma sono molto nervosi. Vengono portati in caserma e perquisiti. La donna da una vigilessa. E si scopre che in una coppa del reggiseno ha nascosto la droga.
Le ulteriori indagini chiariscono meglio i ruoli. E ieri mattina, nel corso dell'operazione «Doberman» Luana Panzetta finisce nuovamente in carcere per detenzione e spaccio di eroina, cocaina e hashish.
Ma non fa parte dell'associazione che ruba le auto e poi chiede il pizzo. Né lei né Pinto e Saccomanno. II contatto con quella banda è Dario Castrovillari-doberman.

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