giovedì 15 novembre 2007

Monsignor Semeraro licenzia tre suore

(fonte Senzacolonne, 15.11.2007)

"Ho da fare non posso rispondere, sto per partire". Clic. Ha poca voglia di parlare monsignor Marcello Semeraro, già vescovo della diocesi di Oria, attualmente a capo di quella di Albano, nel Lazio. Non ha punto intenzione di perdersi in chiacchiere. Soprattutto in questi ore di maretta, scandite dalle continue denunce lanciate dai suoi stessi fedeli, che lo accusano di aver licenziato tre suore da tempo impegnate presso la Chiesa dei santi Pietro e Paolo di Aprilia, per motivi che poco hanno a che fare con l'alta e pia missione evangelizzatrice. Il loro peccato? Essersi rifiutate di svolgere mansioni da "colf' a servizio dell'anziano parroco e del suo vice. Sarebbe infatti questa la "conditio sine qua non" imposta dall'alto prelato alle tre missionarie di Santa Gemma, in cambio del rinnovo del contratto di collaborazione da ottocento euro al mese da dividere in tre. Un out out che la madre superiora della casa generalizzata di Lucca ha bollato come "inaccettabile". Inutile la petizione sottoscritta da 1500 fedeli, che fin da subito hanno preso le difese delle tre religiose, pregando il vescovo di tornare sui suoi passi. Perché lui, tetragono, ha proseguito lungo la strada imboccata. E il 21 ottobre scorso, le missionarie, erano già alla porta.
Apriti cielo. Ne è scaturito uno scontro aperto con i parrocchiani dell'intera diocesi, che in più comunicati hanno attaccato il pastore con toni sempre più accesi. Nel mirino sempre e solo lui, il vescovo 60enne di origini leccesi, dal momento che, così come hanno dichiarato gli stessi autori della petizione: "gli attuali sacerdoti della parrocchia, interpellati da noi, hanno affermato di non aver richiesto tale servizio, preferendo la loro condizione attuale e la loro indipendenza". Che poi hanno tuonato: 'Le suore sono state cacciate. E' un'affermazione dura e scomoda, che infastidisce il vescovo Semeraro, ma noi sappiamo che è l'unica che descrive esattamente quanto è accaduto, ed è inutile affannarsi a dire o ripetere meccanicamente, come fa il vicario foraneo, don Giuseppe Billi, che le suore hanno scelto di andarsene. Nessuno in Curia sembra aver considerato che le suore rappresentano un punto di riferimento spirituale per la vita delle persone. La loro presenza è un completamento della testimonianza del Vangelo. Abbiamo avuto di fronte una gerarchia ecclesiastica che riconosce un ruolo all'interno della comunità alle donne consacrate, se queste prima passano per la casa del parroco e fanno le casalinghe; poi possono finalmente permettersi di scendere e prestare il loro servizio a favore del popolo di Cristo". Più che accuse, dardi con la punta intinta nel veleno. Raramente una disputa tra alte gerarchie e fedeli ha raggiunto toni tanto esasperati. Ma monsignor Semeraro pare non curarsene più di tanto, abituato com'è a simili sollevazioni di popolo. Nemmeno due anni, infatti, separando questa vicenda, da un'altra intricata storia che vide sempre Sua Eccellenza nelle vesti di indiscusso protagonista. E' la fine del 2004. Monsignor Marcello Semeraro è a capo della diocesi di Oria, ma sta per andare via. Per lui si sono spalancate le porte della diocesi di Albano. Un incarico di indubbio prestigio dal momento che nel suo territorio sorge la residenza pontificia di Castel Gandolfo. Prima di partire però, tra una valigia e l'altra, monsignore lascia un segno indelebile nella sua ormai "ex" Diocesi. Anzi, una firma. Il 12 dicembre 2004 sottoscrive con la società "Madre Teresa srl" di Torre Santa Susanna, nata venti giorni prima, un contratto di cessione trentennale dell'immenso seminario sito nel santuario di San Cosimo. Un complesso di monumentali dimensioni, edificato grazie contributi di migliaia di fedeli, che grazie a quella firma viene ceduto per almeno tre decenni alla novella società brindisina, per un affitto che lasciò all'epoca i più esterrefatti: 83 euro al mese, da adeguare nel tempo. Allora Sua Eccellenza scatenò il putiferio e le proteste quasi unanimi dei credenti. Questa volta, pure.

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