giovedì 28 aprile 2011

Persecuzione a sfondo sessuale 43enne alla sbarra

www.senzacolonne.it, 28.4.2011

Quattrocento telefonate di persecuzione a sfondo sessuale nell’arco di 40 giorni, un incubo per due donne brindisine costrette a vivere uno stato d’ansia e a temere ritorsioni per il contenuto delle chiamate: la Procura ha chiesto il giudizio immediato per un brindisino di 43 anni, Giovanni De Bari, per stalking, nonché per associazione per delinquere assieme alla moglie Lia Chkheidze e a un oritano, Marcello Guidone, 35 anni, finalizzata all’ingresso e al soggiorno di georgiane. Il processo. Il dibattimento comincia questa mattina davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Brindisi (competente funzionalmente), come ha chiesto e ottenuto il sostituto procuratore Milto Stefano De Nozza nell’istanza di giudizio immediato presentata al giudice per l’udienza preliminare Giuseppe Licci il primo marzo scorso, a conclusione dell’inchiesta chiamata “Georgia” (dalla provenienza delle donne) che ha portato agli arresti di tutti e tre l’11 gennaio scorso. Gli imputati sono ancora in custodia: marito e moglie in carcere, lui a Brindisi, lei a Lecce, mentre Guidone ha ottenuto i domiciliari una settimana dopo l’esecuzione dell’ordinanza di arresto (sono difesi dagli avvocati Pasquale Fistetti e Pasquale Annicchiarico). Stalking.
L’accusa di aver posto in essere atti persecutori è stata mossa nei confronti di De Bari “perché avvalendosi dell’utenza telefonica mobile” di cui aveva la disponibilità, avrebbe telefonato “numerosissime volte” a due donne brindisine, presso le cui abitazioni avevano lavorato come bandanti cittadine georgiane presentate dalla moglie. Avrebbe sempre “nascosto” il numero dal quale chiamava probabilmente ritenendo di restare nell’anonimato, ma così non è stato nel momento in cui entrambe le destinatarie delle chiamate hanno sporto querela. La prima lo ha fatto due volte, il 27 novembre 2009 e il 24 aprile 2010: i carabinieri hanno contato oltre seicento contatti. Tutti a sfondo sessuale. La seconda il 23 agosto 2010: quattrocento telefonate nell’arco temporale di 40 giorni. Entrambe sono rimaste “vittime di persecuzioni”, stando a quanto sostenuto dalla Procura, secondo cui gli atti hanno “cagionato uno stato d’ansia oltre che il timore di un pericolo per la propria incolumità personale” “e comunque le molestie sono stati tali da determinare una modifica delle proprie abitudini di vita”, poiché sono state costrette a spegnere il telefonino, cambiare numero con conseguenze sul piano dei rapporti personali, affettivi e lavorativi.

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