giovedì 15 gennaio 2009

Tutti gli imputati, reato per reato

Un indagato nascose un’arma in una trave, perché non fosse trovata durante le perquisizioni

La Gazzetta del Mezzogiorno, 15.1.2009

Ecco nel dettaglio i reati di cui rispondono - singolarmente e in alcuni casi concorso - le persone arrestate ieri mattina dai Carabinieri.
Maurizio Cavaliere e Albino Zanzarelli sono accusati di rapina a mano armata in concorso (art. 81, 110 e 628 comma 1 e 3 c. p.) e detenzione illegale e trasporto in luogo pubblico di armi (Legge nr. 895 del 02/10/1967), in relazione al colpo messo a segno il 7 febbraio del 2000 alla banca Carime di Oria dove - secondo l’accusa - Cavaliere agì impugnando una pistola semi automatica cal. 9x21 e Zanzarelli imbracciando un fucile automatico.
Maurizio De Mich e l e , Antonio D’Ip - polito, Antonio Mazza e Albino Zanzarelli sono accusati di furto aggravato (art. 110, 624 bis e 625 nr. 2 e 5 c. p.) in relazione al blitz notturno col quale portarono via una Cavalla di razza "Palommina" a Villa Castelli, prelevandola dal un’area recintata attigua all’abitazione della legittima proprietaria.
Nicola Nigro è ritenuto responsbile di aver violato gli obblighi di sorveglianza speciale (legge nr. 1483 del 27/12/1956) cui era stato sottoposto, tra cui l’obbligo di dimora nel suo comune di residenza, Ceglie Messapica, per essersi recato assieme a Zanzarelli ad Oria, il 27 novembre 2006, al fine di eseguire sopralluoghi presso "obiettivi sensibili" come negozi e banche che ritenevano di interesse in relazione a possibili rapine.
Carmela Milanese e Maurizio Cavaliere, invece, rispondono in concorso di spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate (art. 455 c. p.), per aver detenuto e fatto acquisti presso sei negozi di Lecce con banconote false da 50 euro: un’attività che sarebbe stata attuata in maniera sistematica, fino al marzo del 2007.
Maurizio Cavaliere, infine, risponde di rapina a mano armata (art. 628 comma II c.p.) in concorso con altre persone e di detenzione in luogo pubblico (legge nr. 895 del 02/10/1967) di un fucile calibro 12, in relazione all’as - salto compiuto il 24 dicembre del 1999 ad una macelleria di San Marzano di San Giuseppe, dalla quale furono portati via 20 agnelli già macellati ed un quarto di vitello, per un peso complessivo di 1 quintale e 30 chili, equivalenti ad un valore di circa 5 milioni di lire. Facendo da palo ai complici che ripulivano la macelleria, Cavaliere fermò a colpi di fucile un vigilante che provò a intervenire per sventare quell’azione delittuosa.
Infine, sempre Cavaliere, è accusato di detenezione illegale di un’ar ma comune da sparo (legge 895 del 1967), in relazione ad un «ferro» - come lo stesso Cavaliere definisce l’arma in un’intercettazione acquisita agli atti delle indagini - tenuta cementata all’interno di una trave fino al giugno del 2007, per evitare che potesse essere rinvenuta durante eventuali perquisizioni delle forze dell’ordine.


Aveva nascosto il fucile sotto il letto della figlia TRE LE MENTI

Le sorprese maggiori, durante le fasi del blitz scattato all’alba di ieri - ad Oria, a Ceglie e Squinzano contemporaneamente - sono giunte al momento in cui le unità cinofile dei militari dell’Arma hanno fatto irruzione nell’abitazione Antonio D’Ippolito, oritano di 40 anni. Nella cameretta dei bambini, infatti, sotto il letto della figlia, i Carabinieri hanno trovato un fucile sovrapposto calibro 12, con ben 40 cartucce caricate con pallettoni da 9 millimetri. Nel corso della stessa perquisizione, poi, i militi hanno rinvenuto anche una ventina di reperti di età messapica, che ora saranno affidati ai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio al fine di individuarne l’esatta provenienza e la possibile destinazione. Non si esclude che fossero destinati al mercato nero dei reperti archeologici, dove si registra un florido giro d’affari per l’interesse suscitato da pezzi rari che certi appassionati del genere, privi di scrupoli, cercano di assicurare alle proprie collezioni prima dell’arrivo delle Sovrintendenze che invece dirotterebbero quei pezzi nei musei. Per raggiungere questi obiettivi, quasi sempre, fondamentale è l’opera dei tombaroli, molti dei quali gestiti da frange della malavita locale. Saranno in ogni caso le indagini dei militari dell’Arma a fare piena luce anche su questo aspetto del blitz di ieri.
Per quanto attiene invece il fucile e le munizioni, il prossimo passo degli investigatori sarà quello di cercare di capire se quell’Arma ha sparato di recente. Un compito che sarà affidato ai laboratori balistici dell’Arma, dove militari specializzati nella materia andranno a caccia di eventuali tracce utili a rivelare i trascorsi del fucile. E gli esiti di tali accertamenti saranno poi confrontati con i rilievi eseguiti dalle pattuglie intervenute nelle diverse circostanze (rapine, assalti ecc.) in cui le persone indagate hanno fatto fuoco. In simili circostanze, infatti, vengono "repertati" bossoli, ogive, tracce di polvere da sparo e qualsiasi altro elemento rinvenuto sul luogo del delitto. Per cui, analizzata l’arma rinvenuta ieri nella casa di D’Ippolito, sarà agevole accertare l’eventuale compatibilità della stessa con alcuni dei fatti delittuosi svelati dall’"Operazione Raptor" dei Carabinieri.
"L’apetto più grave emerso da questa indagine - ha spiegato ieri mattina il numero uno del Comando provinciale, colonnelo Ugo Sica - è che questa gente, sebbene non fosse legata da vincoli in grado di far scattare accuse legate a reati associativi, era comunque gente pronta a tutto. Dalle intercettazioni sapevamo che loro non escludevano di spararci addosso se si fossero create le condizioni di un conflitto a fuoco, ma noi naturalmente avremmo saputo come fronteggiare anche una simile evenienza".
Tre i pesonaggi chiave dei 7 arrestati: "Gli individui di maggior spessore - ha spiegato il col. Gennaro Ventriglia, comandante del Nucleomoperativo - erano lo squinzanese Maurizio Cavaliere ed il cegliese Nicola Nigro, individui con spiccate capacità criminali organizzative e operative, affiancati a seconda delle circosatnze, dall’oritano Albino Zanzarelli che aveva competenze sugli aspetti logististici delle azioni da compiere".
I tre, per le modalità con cui agivano, non potevano essere considerati ai vertici di un’organizzazione vera e propria. "Tuttavia - ha spiegato il capitano Gian Bruno Ruello - si ritrovavano periodicamente a collaborare per la pianificazione di rapine ed assalti che potevano costituire un interesse comune".



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