venerdì 26 giugno 2009

Fumo nero sui tetti...La leggenda di Oria fumosa nelle liriche di Giuseppe D'Amico e Vincenzo Sparviero

Il Quotidiano di Bari, 29.5.2009

Martedì scorso, ad Oria, nel Museo del Bar di Giovanni Carone, il Prof. Giuseppe D'Amico presentava una storia epica in versi d'un autore pugliese. Un canto dell'opera, letto da Cosimo Cervellera, aveva per oggetto la leggenda di 'Oria fumosa'. Numerose, le versioni di questa leggenda. Si dice che in tempi antichi, affinché restassero inattaccabili, le mura di questa città vennero bagnate del sangue di una vergine a ciò sacrificata. Disperata, la madre dell'infelice scagliò la sua maledizione : "Possa tu fumare, Oria, come fuma questo cuore!" Ma il fumo da fuoco distruttore invocato dalla sventurata si tramutò, forse per intercessione di Dei pietosi, in una nebbia inspiegabile che episodicamente, specie in passato, avvolgeva il colle sul quale la città è posata e nascondendola alla vista. Interessante in proposito la testimonianza di un pilota statunitense della seconda guerra mondiale : La sua squadriglia, che per missione aveva il bombardamento di Orla, incappò all'altezza di quella località in un inatteso banco
di nebbia ; non scorgendo più l'obiettivo, lo stormo lo cercò più avanti ; quando ritenne di averlo individuato scaricò le sue bombe, ma a patire morte e distruzione fu la malcapitata San Pancrazio Salentino). La leggenda in questione è stata cantata anche da altri autori. E' il caso di Vincenzo Sparviero, la cui vernacolare " A Orla fumosa", ancora martedì al Museo del Bar, è stata oggetto di' una strepitosa declamazione ad opera della piccola Aurora Ferrara. Ci sia consentita una breve digressione in proposito: Quando chiamati a interpretare prosa o poesia, i bambini non emozionano, infondono tenerezza, semmai leziosi e scolastici, fanno non più che sfoggio di memoria. Ma Aurora Ferrara ha impressionato tutti in ragione di un sentire palesemente personale e inaspettatamente maturo per una bimba di cinque-sei anni; di qui un comunicare caldo e affabile, nella cui ricchezza di toni e gesti ci pare ravvisabile il talento naturale, non valorizzare il quale sarebbe spreco. Tornando alla leggenda di Oria Fumosa, anche il Prof. Giuseppe D'Amico si è cimentato in proposito. Raffinato, poeta in lingua latina, D'Amico ha pubblicato nella lingua dei Cesari "Uriana". Inserito in "Fragmenta Parva", un agile volumetto edito nel 1996, "Uriana" non parla di nebbia ma di fumo nero sui tetti di Oria ("vapor ater super terta Uriae"). Un fumo nero solcato da lunghi gemiti lugubri che errano dovunque per le vie della città e scuotono gli animi ("longi gemitus lugubres vagantur ubique / per urbis vias percutiuntque animum"). Sono í gemiti di una madre che urla infelicemente dal sepolcro ("sunt matris gemitus clamantes male septrlcro"). Un componimento breve e intenso che prende per eleganza e calibrata musicalità.

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