lunedì 5 maggio 2008

VITTIME DI GUERRA, DI LAVORO E D’OBLIO.

di Emilio Mola - Senzacolonne, 4.5.08

Nulla. Zero. Buio. Per il secondo anno consecutivo nella città di Oria spariscono avvolti sotto una spessa coltre di silenzio e di oblio, due delle festività nazionali più sentite e importanti d'Italia: la Liberazione e il primo maggio. A differenza della stragrande maggio­ranza delle altre amministrazioni comunali sparse per lo Stivale, quella oritana ha preferito cancella­re dal calendario e dalla memoria collettiva i martiri partigiani e i morti sul lavoro: una piaga que­st'ultima per la quale la piccola cit­tadina brindisina è più volte negli ultimi anni balzata agli oneri della cronaca. Per loro: non una cerimo­nia, non un accenno, nemmeno un manifesto. A denunciarlo, all'indomani del 25 Aprile, era stata la sezione cittadina del Partito democratico. In un volantino diffuso e distribuito per le vie del paese, i militanti del Pd hanno denunciato il silenzio, per il secondo anno consecutivo, dell'am­ministrazione guidata dal sindaco Cosimo Ferretti attorno al martirio dei giovani della Resistenza. Il breve comunicato esordiva ripor­tando il testo di una lettera scritta da un partigiano 22enne, poche ore prima di essere fucilato senza pro­cesso da un plotone nazifascista. Poche ma toccanti e profonde righe indirizzate a mamma e papà, che gli autori del volantino hanno dedicato al sindaco Ferretti, per ricordargli, scrivono, che quel ragazzo in fondo è morto anche per lui. All'intervento del Pd ha poi fatto seguito un acceso dibattito in città, sviluppatosi in particolar modo sulla rete, e sui numerosi siti internet sorti in questi mesi per mano di oritani. In uno di essi, diretto dall'ormai celebre Franco Arpa, que­st'ultimo si domandava se l'ammi­nistrazione comunale si sarebbe comportata allo stesso modo anche in occasione del primo maggio: nascondendo nel silenzio più totale, per il secondo anno consecutivo, la festa dei lavoratori celebrata in ogni angolo del mondo. E infatti. Non una celebrazione, non un cenno, non un manifesto. Il perché non è dato sapere. Per qualcuno è stata semplice dimenticanza, o poca cura per certe mielose ricorrenze che poco hanno a che fare con i problemi concreti dei cittadini. Ma anche no. In questi primi due anni infatti l'amministra­zione comunale oritana si è molto distinta per un massiccio attivismo nella lotta ideologica e senza quar­tiere contro il nemico sovietico e bolscevico sempre pronto a sferrare il prossimo attacco. Celebre, e que­sto è sacrosanto, il convegno per commemorare i morti delle foibe di Trieste. Così come la decisione di intitolare una strada al "giorno della libertà". Non ovviamente libertà dal nazifascismo che sul suolo italico non ha mai annientato città intere trucidando donne e bambini a deci­ne di migliaia. Ma libertà dai comu­nisti che, come noto, hanno marcia­to con le loro truppe fin dentro Roma ( in realtà non è vero, ma visto che i vertici romani del Pdl hanno già preannunciato che mette­ranno mano ai libri di storia, meglio portarsi avanti col lavoro). Ciò detto, e a voler giustificare il silenzio attorno al 25 Aprile con motivi ideologici, poco si compren­de quello calato sul primo maggio. Soprattutto quest'anno. La festività dedicata ai lavoratori ha infatti avuto giovedì scorso, come tema portante, la piaga delle morti bian­che. In Italia, ogni santo giorno, cin­que padri di famiglia, o semplice­mente figli di qualcuno, non torna­no più a casa, perché schiacciati da una gru, o precipitati da un impalca­tura, o arsi vivi in un'acciaieria. 1300 caduti ogni anno. Come mosche. Come soldati in guerra. E anche Oria, purtroppo, a questo conflitto quotidiano ha troppo spes­so donato il suo tributo di sangue. Il giorno più nero delle sue morti bianche Oria l'ha vissuto nell'ago­sto 1993, quando la vita di tre donne, Maria Marsella (25 anni) Antonia Carbone (29 anni) e Maria Dell'Aquila (51 anni), si spezzò in un drammatico incidente stradale. Erano stipate come sardine in un vecchio furgoncino che le portava a piegare la schiena sui campi dei caporali. Altre tragedie simili, seguirono negli anni. L'ultima vitti­ma oritana in ordine di tempo, è stata il 53enne Armando Penta, pre­cipitato lo scorso dicembre da una torre di polimerizzazione durante alcuni lavori nei pressi di Potenza. Di poco più giovane Sergio Arpa, 44 anni, caduto il 30 agosto di 2 anni fa dall'impalcatura di un capannone nella stessa Oria. Aveva invece appena 19 anni Andrea D'Alessano, colpito da un martello in testa, mentre lavorava al servizio di una ditta esterna, nell'impianto siderurgico Ilva di Taranto. Per lui, per tutti loro, l'amministra­zione comunale di Oria non ha tro­vato il tempo nemmeno per stilare un manifesto. Forse troppo occupa­ta in questi giorni febbrili a organiz­zare con successo l'attesissimo con­vegno sulla "caccia dei piccioni". Vera piaga, incommensurabile emergenza per l'intera comunità locale, a cui sarà dedicato il prossi­mo 8 maggio ampio spazio, con dibattiti e manifesti. E di fronte al quale la morte di una padre o di un figlio di Oria sul campo di lavoro, appare ben poca cosa. Indegna per­fino di uno straccio di manifesto.

0 commenti:

Twitter Delicious Facebook Digg Stumbleupon Favorites More

 
Design by Free WordPress Themes | Bloggerized by Lasantha - Premium Blogger Themes | Sweet Tomatoes Printable Coupons