martedì 7 aprile 2009

Operazione Strade Pulite, Speciale di Senzacolonne

articoli tratti da Sencolonne del 5.4.2009

STRADE PULITE

di EMILIO MOLA


Mentre i poliziotti, occhiali scuri e manette ai polsi, lo caricano in auto per condurlo dalla Questura fino in carcere, rivolto ai giornalisti assiepati sul posto con taccui.ni e telecamere al seguito sbiascica poche parole: "Sono innocente, di nuovo". Gilberto Conte, 49 anni, vigile urbano in servizio ad Oria, medaglia d'argento al valor civile c già assolto due settimane fa per il reato di peculato, si chiama fuori da ogni addebito. Ma l'accusa per lui, per il cugino Saverio Capilunga, e per Alfredo Ilaliano e Giovanni Biaseo, anch'essi arrestali a Oria ieri mattina dagli agenti della Squadra mobile di Brindisi, è pesantissima. Tentata estorsione aggravata in concorso, ai danni della "Monteco srl": società leccese appaltatrice del servizio raccolta e smaltimento rifiuti perl'Ato BR/2, di cui Oria fa parte.
A vario titolo i quattro avrebbero più volte contattato i quadri dell'azienda anche altraverso la mediazione di altri soggetti la cui posizione è al vaglio degli inquirenti - per offrire loro "protezione". Da chi, lo si capisce. Un'assicurazione per campare "tranquilli", dicevano. Una "polizza" contro il rischio possibili incidenti di percorso, danncggianuntì, e, peggio, come già ne crano avvenuti mesi fa. Pressanti le richieste di denaro di Giovanni Biasco, 33enne con piccoli precedenti alle spalle, e Alfredo Italiano, anch'egli già noto alle forze dell'ordine, ed ex dipendente della stessa "Monteco". Stando a quanto appreso, i due avrebbero agito sempre in coppia. Sono stati loro a dettare condizioni, a pretendere l'assunzione di amici e parenti, e il pagamento del pizzo. La ditta, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbe dovuto versare nelle tasche dei due 50mila euro sull'unghia, cui aggiungere 5mila euro ad ogni festa comandata.
Solo le più importanti però: Pasqua e Natale. Poi la morsa si sarebbe allentata. La prima cifra, date le resistenze delle vittime, si è infatti ridimensionata nelle imposizioni dettate dai due: prima a 30mile euro, poi a 15mi1a. Non avrebbero invece preteso denaro gli altri due arrestati, cugini tra loro, Gilberto Conte, e Saverio Capilunga, 39 anni, già più volte condannato. Sarebbe stato Conte a presentare quest'ultimo a un dirigente della società, in un incontro avvenuto nei pressi di palazzo di Città lo scorso sei marzo. Un breve colloquio durante il quale il vigile urbano avrebbe confidato alla vittima, di essere "perfettamente a conoscenza" delle richieste e delle minacce avanzate nei giorni precedenti da Italiano e Biasco.
Problemi che la società avrebbe risolto, secondo Conte, proprio assumendo il cugino Saverio Capilunga - oltre ad altre quattro persone -, che data la fama vantata in taluni ambienti, sarebbe stato capace di tenere a bada tanto loro, quanto gli altri criminali di piccolo cabotaggio che si fossero in futuro presentati con analoghe richieste.
I due gruppi, avrebbero quindi agito separatamente, in tempi diversi, ma con nel mirino le medesime vittime. E sono state proprio quest'ultime, ha ricordato e ribadito più volte ieri mattina il capo della Squadra mobile Francesco Barnaba in conferenza stampa, a denunciare coraggiosamente gli episodi, e a permettere l'avvio delle indagini. Stanco di dover incontrare i quattro, di dover sorbire le loro minacce, e le continue richieste, l'amministratore dell'azienda il nove marzo scorso si è presentato in Questura, per chiedere aiuto.
Ha raccontato quanto accaduto, e permesso alla polizia di arrestare i presunti estorsori in meno di un mese. Una celerità d'azione resa necessaria, ha ribadito Barnaba, dal rischio che i sospetti passassero dalle parole ai fatti. Un pericolo che, dato il curriculum di alcuni di loro, era da considerarsi tutt'altro che remoto. Da qui la richiesta avanzata dal pubblico ministero titolare delle indagini Raffaele Casto al gip Antonia Martalò, di disporre quanto prima i provvedimenti di custodia cautelare in carcere per i principali indagati. Richiesta subito accordata da' magistrato, ed eseguita dal magistrato ed eseguita dalla Squadra Mobile nella cosiddetta operazione "Strade Pulite"

Tormentavano da due mesi l'imprenditore

di Emilio Mola

Non gli hanno lasciato un attimo tregua. Per circa due mesi Alfredo Italiano e Giovanni Biasco, hanno pressato l'amministratore delegato per 1'Ato/Br 2 di "Monteco srl", contattandolo telefonicamente, fermandolo per strada, portandolo in campagne isolate, per propinargli sempre e comunque la solita richiesta: denaro, tanto denaro. SOmila curo che il titolare della società avrebbe dovuto elargire loro, per garantire all'azienda, dicevano, protezione da possibili incidenti di percorso. Qualcuno di questi strani si era già verificato, stranamente, il giorno dopo l'insediamento della società leccese, a capo del servizio di raccolta rifiuti nell'ambito territoriale Br/2, di cui Oria fa parte. Un mezzo appartenente al consorzio "Dasta", gestore uscente del servizio, la notte del due gennaio è andato misteriosamente a fuoco. Un rogo di indubbia matrice dolosa, ma appiccato da chi, non è ancora stato scoperto.
Due settimane dopo quell'misterioso incendio, giunge sul telefono dell'amministratore delegato della "Monteco", una chiamata da un utente sconosciuto. L'uomo è a palazzo di città per sbrigare alcune pratiche, ma risponde. Dall'altro capo del telefono, racconta l'amministratore agli inquirenti, una voce sconosciuta gli chiede di uscire dal Comune. "Chi sei?" domanda. "Non importa chi sono - si sente rispondere - esci dal Comune che ti devo parlare, mi avvicinerò io". Si tratta di Giovanni Biasco. L'uomo racconta di essere stato riconosciuto e avvicinato da quest'ultimo poco fuori palazzo di Città. Un confronto di pochi minuti, durante il quale Biasco, avrebbe avanzato la prima ingente richiesta: 5Omila curo per lavorare sotto protezione, più 5mila curo da versare ad ogni festività pasquale e natalizia.
E' il primo contatto tra aguzzini e vittime. Di simili ne seguiranno altri, nel corso del mese di febbraio, ai quali, spiegano gli inquirenti, avrebbe partecipato anche Alfredo Italiano, già dipendente presso la stessa azienda in anni precedenti. I due, in maniera pressante, chiedono all'amministratore della società di organizzare un incontro con il titolare della stessa, per ribadirgli identiche richieste e ricordargli il prezzo da pagare in caso di rifiuto. Ma l'imprenditore non viene mai coinvolto. Fino al quattro marzo, quando i due presunti estorsori lanciano un ultimatum, abbassando al contempo l'entità della cifra pretesa. Un uomo interno all'azienda, è emerso dalle indagini, avrebbe difatti mediato tra azienda e i due, 41 fine di ridurre quanto meno l'entità delle pretese. Una sorta di atto di clemenza che Italiano e Biasco concedono, abbassando il prezzo da 50 a 30mila curo. Un decurtamento, che si ridurrà dì un ulteriore 50% per cento nell'ennesimo incontro verificatosi il sei marzo successivo. Quel pomeriggio la coppia raggiunge di persona il solito interlocutore, facendosi seguire in una zona piuttosto isolata della città, nei pressi del Palazzetto dello sport. Gli dicono di spegnere il cellulare, e di staccare la batteria. Quindi buttano giù 1'ultima e definitiva richiesta: 15mila euro, più Smila curo a Pasqua e Natale, più l'assunzione di 5 persone di loro gradimento, tra cui il complice Saverio Capilunga. Si atteggiano a professionisti del mestiere, lanciando all'interlocutore scelto, un messaggio alle 15 e un quarto del giorno successivo, i due si fanno trovare sotto l'abitazione dell'amministratore delegato dell'azienda, a Campi Salentina. Sono in auto. Non si fermano, fanno solo notare la loro presenza. Quello stesso giorno, l'imprenditore accetta di incontrare i due: "Siamo venuti per aiutarvi - avrebbero detto -, quello che abbiamo chiesto non è molto rispetto a quello che pagavano gli altri. Vi stiamo venendo incontro. Noi siamo dei poveri disgraziati che stiamo aiutando altre persone più disgraziate di noi". Per il titolare dell'azienda è l'ultima goccia, e due giorni dopo, scatta la denuncia.

Ma per la mobile l'indagine non è ancora conclusa

di Emilio Mola

Il capo della Squadra mobile Francesco Barnaba, in sede di conferenza stampa, lo ha annunciato: "Questa storia potrebbe avere delle appendici". Insomma, i quattro arresti operati ieri mattina, potrebbero essere i primi di una lunga serie. Difficile scorgere altro dietro il muro ercj,tto tutt'intorno alle indagini. Probabile che gli inquirenti siano sulle tracce di altri episodi cstorsivi venuti a galla dopo quello legato alla "Monteco srl". Vecchi episodi rimasti nell'ombra. O altro. Certo è che tra i soggetti indagati nelle tre settimane di ricerche, oltre a Gilberto Conte, Alfrcdo Italiano, Giovani Biasco e Saverio Capilunga ( difesi dagli avvocati Pasquale Fistetti, Raffaele Pesce, Roberto Palmisano e Raffaele Pesce) altre persone sono in qualche modo state interessate dalle trattative fra presunti aguzzini e vittime. Degli intermediari. Ma è troppo presto per dirlo. Il loro ruolo potrebbe rilevarsi troppo marginale, per dare adito a conseguenze di alcun tipo. Almeno tre i nomi ancora in ballo. Tra cui quello di due dipendenti e di una terza persona. Il primo di questi, secondo quanto emerso dalle indagini, avrebbe preannunciato agli imprenditori e manager dell'azienda finita nel mirino del Racket, la visita dei due, con le rispettive richieste. Una confidenza che Fuorno avrebbe fatto all'amminisir.Uore delegato, subito dopo I'ìncendio (lei furgone avvenuto all'interno del parcheggio mezzi. Forse sapeva, forse soltanto intuiva il significato di quell'inquietante messaggio di fuoco e fiamme.
Analogo discorso per un altro individuo legato professionalmente alla società. Un uomo il cui ruolo di mediazione tra vittime e carnefici, avrebbe gradualmente indotto questi ultimi a mollare la presa, a ridurre quantomeno l'entità della richiesta estorsiva, in un primo momento da 50mila a 30mila curo: poi a I Smila curo e regali di Pasqua e Natale compresi. Ma non solo. Poco prima del 28 marzo, questi avrebbe consegnato tra l'altro ai dirigenti dell'azienda, un foglietto recante nero su bianco l'ennesima richiest estorsiva: "Guarda, noi no vogliamo problemi - si leggeva nel bigliettino - così non ve ne creiamo. E state tranquil li tutti: basta che ci assumete e lavoriamo". Un'ultima persona, quel giorno, era presente durante uno degli ultimi contatti tenuti tra Giovanni Biasco, e l'amministratore delegato della società. Nomi, soggetti, le cui posizioni sarebbero ancora al vaglio degli organi inquirenti.

L 'avvocato di Conte: "Il suo è stato solo un ruolo marginale"

di Emilio Mola

"Si è solo interessato per far lavorare il cugino perché bisognoso, e chiarirà nelle sedi opportune e in maniera limpida, la sua totale estraneità ai pesantissimi addebiti contestatigli". L'avvocato Pasquale Fistetti, legale di fiducia del vigile urbano Gilberto Conte, non ha dubbi di sorta. II suo assistito non può essere affiancato agli altre tre uomini tratti in arresto ieri mattina all'alba, per il medesimo reato: tentata estorsione aggravata in concorso. In fondo avrebbe solo richiesto un posto di lavoro per il cugino Saverio Capilunga. Forse nulla di male. Ma non in quel contesto, non quella divisa, dicono gli inquirenti.
Perché stando a quanto ricostruito in fase di indagine, l'agente di Polizia municipale sapeva bene quel che stava accadendo. Sapeva delle richieste estorsive avanzate nelle settimane precedenti da Alfredo Italiano e Giovanni Biasco. Di quei cinquantamila euro chiesti in cambio di protezione. E altrettanta "protezione", secondo l'accusa, l'avrebbe in qualche modo proposta anche lo stesso Conte, quando quella mattina del sei marzo scorso, nei pressi del Municipio, ha incontrato l'amministratore delegato della società taglieggiata. Un'occasione, un breve faccia a faccia, durante il quale il vigile urbano ha presentato allo stesso, suo cugino: Saverio Capilunga. Non uno qualunque, almeno per chi conosce e bazzica certi ambienti poco raccomandabili in città. Conte glielo presenta, secondo quanto ricostruito in fase d'indagine, come una sorta d'assicurazione sulla vita dell'azienda. Mettendo dentro lui, temuto e rispettato da chiunque in paese, tutto "si sarebbe sistemato". Anche con quei due ragazzi che da mesi lo tartassavano con pressanti richieste di denaro. Il miglior modo, avrebbe riferito, per calmarli, per continuare a lavorare "con tranquillità". Punto. Il coinvolgimento di Conte nell'intera faccenda, si sarebbe concluso così. Nessun altro incontro, nessun'altra richiesta né prima né dopo. Né di lavoro di denaro. Conclusa la "raccomandazione", per gli inquirenti una "tentata estorsione", Conte si sarebbe defilato. Avrebbe lasciato parlare il cugino, nel frattempo giunto sul posto, allontanandosi di pochi metri, ma restando comunque a una distanza tale da permettergli di ascoltare fino in fondo il proseguimento della conversazione. Durante la quale Saverio Capilunga, avrebbe sostanzialmente ribadito quanto già detto poco prima dall'agente.

L'agente buono fu ospite di Magalli a "I fatti vostri"

di EMILIO MOLA

Nemmeno un mese fa, la notizia più attesa: da almeno cinque anni. Assolto con formula piena, perché il fatto non sussiste. Per l'agente di Polizia municipale Gilberto Conte, e la sua famiglia, la fine di un incubo cominciato nel 2003 quando i carabinieri bussarono alla sua porta, tintinnando le manette. Era accusato, così come altre sedici persone legate alla precedente amministrazione di centrosinistra ( tra cui il sindaco, assessori, e numerosi dipendenti pubblici), di reati quali peculato, falso, abuso d'ufficio e via elencando. Scattarono denunce a go go. Ma fu l'unico ad essere arrestato, assieme al cognato Leonzio Patisso. La sorella Lorenza Conte, ex presidente del Consiglio comunale, fu costretta a rassegnare le dimissioni da capogruppo dei Democratici di sinistra. II servizio sospeso. E tutto, per presunte telefonate realizzate con apparecchi comunali per fini privati. O almeno così diceva l'accusa.
Poi il 12 marzo scorso la seconda sezione penale del tribunale di Brindisi ribalta le carte in tavola: niente vero, sono tutti innocenti. Per il vigile urbano e la sua famiglia, la prima boccata d'ossigeno dopo cinque anni. Ma è un illusione durata tre settimane. Perché ieri mattina, quel suono metallico di manette è tornato a farsi sentire. Questa volta è la Polizia. E' la Squadra mobile di Brindisi, sezione Antiracket. Questa volta è tentata estorsione aggravata. Reato commesso in concorso assieme ad altre tre persone, ai danni dell'azienda appaltatrice del servizio raccolta rifiuti. E tutto comincia daccapo.
Eppure nel corso degli anni Gilberto Conte era riuscito a distinguersi anche oltre i ristretti confini della sua città per ben altre imprese. Decisamente più degne della divisa indossata da sempre, come una seconda pelle. Fino ad assurgere alle cronache nazionali. E al piccolo schermo. Nel 1996 viene ospitato dal conduttore Giancarlo Magalli, nella nota trasmissione televisiva in onda su Rai2 "I fatti vostri", per raccontare una vicenda di cui in qualche modo, anche lui era stato protagonista. Quella di un ragazzino 14enne che, primo caso nella storia d'Italia, aveva deciso di "divorziare" dai genitori, ripudiarli. Sosteneva di essere maltrattato dai loro e dai fratelli, denutrito, picchiato, sfruttato. Gilberto Conte lo seguì per gran parte del percorso giudiziario presso il Tribunale dei minori. Lo accompagnava, comprandogli panini e mandarini, presso l'istituto in cui era stato ospitato in attesa che i magistrati si esprimessero su quell'insolita richiesta. E ne raccolse racconti e testimonianze. Ne divenne il miglior conoscitore, e in quanto tale, la Rai lo volle in studio per raccontare in prima persona quella incredibile insolita storia di degrado e maltrattamenti.
Poi quell'episodio, quella sventata rapina presso l'ufficio postale di Oria, che mesi dopo gli valse una medaglia d'argento al valor civile, impuntatagli sul petto per volere del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. E' il 28 gennaio del 2000. Quella mattina tre individui armati, muniti di fiamma ossidrica e coperti dal passamontagna, riescono a penetrare negli uffici postali per mettere a segno una rapina, mentre un quarto uomo blocca il traffico minacciando gli automobilisti. Il vigile Gilberto Conte, attirato proprio dalle auto incolonnate e resosi conto della situazione, impugna la pistola d'ordinanza e passa all'azione, nell'attesa che sul posto giungano i carabinieri. Puntando l'arma contro i malviventi intima loro di arrendersi, e di lasciare liberi gli ostaggi. Ma quelli, per tutta risposta, premono il grilletto cercando d'impallinarlo. Lo mancano, ma lui non risponde e non molla. Fino a che non saranno loro, a desistere e a darsi alla fuga. Nel gennaio successivo, il capo dello Stato lo insigne dell'onoreiicenza. Mentre tre anni dopo, scattano le manette per la prima tremenda vicenda giudiziaria. Seguono cinque anni di buio, di mesi trascorsi fuori servizio, senza divisa, dopo quelli trascorsi agli arresti. Fino all'assoluzione del 12 marzo scorso, e all'arresto di ieri mattina.

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