martedì 12 febbraio 2008

E' di Oria il carabiniere diventato eroe.

di Emilio Mola, Senzacolonne, 12.2.2008


Da almeno due giorni tv e quotidiani nazionali non fanno altro che parlare di lui, dell'eroe. Di quell'impavido carabiniere appena 28enne che sabato sera, nei pressi di Milano, ha quasi donato la propria vita per salvare quella di una donna gettata dal compagno nel fiume Naviglio, durante l'ennesimo raptus dì follia omicida. Francesco Stranieri, questo il nome del giovane militare, si è tuffato nelle acque gelide mentre fuori il termometro segnava un grado sotto lo zero.
E li, in apnea sotto il pelo gelido dell'acqua in movimento, ci è rimasto fino a quando i colleghi non lo hanno visto riemergere col corpo della donna tra le braccia. Il suo cuore batteva ancora, ma si sarebbe fermato poco prima della mezzanotte.
Nonostante quella vita si sia spenta, oggi di Francesco Stranieri si parla, e si parlerà a lungo, come di un eroe. E mai etichetta fu più meritata. Ma il giovane carabiniere per qualcuno non è solo un impavido servitore della Stato, ma un orgoglio. Lo é per l'Arma, lo é per la sua famiglia, e perché no, lo é anche per la sua città. Per Oria, quella piccola comunità di 15mila anime, in cui il cuor di leone di cui tutti parlano, è nato c cresciuto. Quando il tg,5 e il telgiornale domenica a mezzodì hanno diffuso la notizia, dedicando alla drammatica vicenda lo spazio dovuto, in tanti sono rimasti a bocca aperia e interdetti di fronte a qual volto ripreso dalle telecamere. Quel giovane carabiniere sullo schermo aveva dei lineamenti già visti, e non in tv, ma per strada, in un bar o in piazza.
Ma quando il cronista ha pronunciato nome e cognome, ogni dubbio è svanito. Si tratta proprio di lui, di Francesco. Di quell'amico, quel cugino, quel fratello; quel conoscente, cresciuto con la fissa per i carabinieri, per le forze dell'ordine. A raccontarlo sono i suoi stessi genitori che nella loro abitazione immersa nel centro storico oritano. Conservano appesi e riposti in un canto tutti gli stemmi e gli orpelli che Francesco collezionava ancor prima di mettere piede in una caserma.
L'Arma se l'è sempre sentita nel cuore, nelle vene, sulla pelle. E sabato scorso lo ha dimostrato. Sono circa le 21 quando dalla stazione di Rozzano in cui presta servizio giunge sulle sponde del Naviglio dove era sfata segnalata un aggressione ai danni di una donna. Qualcuno l'aveva picchiata e dopo averle tenuto la testa sott'acqua per alcuni minuti, ne aveva gettato il corpo sul fondo.
Al loro arrivo sulla sponda del fiume i militati trovano un uomo in balia di una folla inferocita. Giù invece nel fondo il riflesso chiaro di un corpo. Quando Francesco Stranieri lo scorge istintivamente decide il da farsi. Fuori si gela, il termometro segna meno uno.
Ma per lui non c'è un solo istante da perdere. Il giovane militare sì spoglia della divisa, affida nelle mani di un collega la pistola, e si getta in acqua, raggiungendo in apnea il fondale. La forza della corrente rende tutto più complicato, ma la difficoltà è un'altra. Stare immersi in fiume gelido fa male, malissimo. La pelle è come trafitta da mille sottilissimi aghi, e a quella temperatura un corpo rimane in vita poco più di quindici minuti: poi sopraggiunge la morte per assideramento. Francesco tutto questo lo sa, ma insiste. Il primo tentativo di tirare fuori la donna va male, e anzi rischia lui stesso di rimanere incastrato sul fondo a causa di una corda. Poi ci riprova. Prende fiato e giù di nuovo. Quando dopo alcuni secondi Francesco riemerge ha tra le braccia il corpo della donna. Colleghi e vigili del fuoco lo aiutano a venire fuori dat fiume. E'intirizzito e sulle braccia reca le ferite provocate dai rifiuti posati sul fondale. Ma le sue preoccupazioni vanno oltre . Il suo pensiero va alla vita che ha tentato di salvare, e quando gli comunicano che ce l'ha fatta sente ripagato ogni sforzo. Il cuore della donna batte settanta volte al minuto. Ma è solo un'illusione. Quei battiti diverranno via via più lievi, fino a svanire del rutto attorno alle 23.
Francesco Stranieri ha però fatto il suo dovere, andando forse oltre, arrivando a mettere consapevolmente la propria vita in pericolo. Ma è proprio questo che fa di lui un eroe.
Un riconoscimento generale che presto potrebbe essere onoralo e ufficializzato così come si conviene.
Presto il suo petto potrebbe essere decorato dalla meritata medaglia, ma non solo. Il giusto riconoscimento al giovane e coraggioso militare potrebbe conferirlo anche la città di Milano con uno dei premi più prestigiosi: l'ambrogino d'oro. Il minimo che insomma si possa fare per fregiare il coraggio di un uomo che col suo gesto ha reso onore a se stesso, alla sua famiglia, alla sua città.

2 commenti:

gaetano ha detto...

è di oria il carabiniere, e purtroppo pure l'articolista.

xxxxxx ha detto...

E quindi? Perchè non rendere noto una bella azione compiuta da un nostro concittadino?

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