martedì 23 ottobre 2007

C’ERA UNA VOLTA LO ZOO…

(fonte Il Gallo 20.10/2.11.2007)

di Eliseo ZANZARELLI

“Ci siamo pentiti di aver pagato il biglietto per assistere a quella indecenza. Altro che passeggiata ecologica, siamo andati via prima, sdegnati…”

C’era una volta uno zoo tra i più conosciuti ed apprezzati dell’intera regione, che assieme alle indiscusse attrattive storico-paesaggistiche di Oria, era in grado di convogliare in paese ingenti flussi di visitatori. Realizzato nel 1963 su una superficie di oltre tre ettari adiacente al Santuario di S. Cosimo alla Macchia per volontà del vescovo Alberico Semeraro, che intese offrire un adeguato ricovero ai numerosi animali donati al Santuario ed affidati alle cure del dott. Domenico D’Addario, divenne col passare degli anni attrazione turistica oritana di primo piano. A ciò contribuì senz’altro la graduale introduzione di varie specie di animali, anche esotiche, un tempo sì, tenuti con cura e quasi coccolati lì, proprio accanto ad uno dei principali luoghi di culto e devozione locali. C’era una volta ed ora, ahinoi, non c’è più. Lo stato di degrado di quel posto, un tempo quasi incantato, ci è stato segnalato da diversi cittadini, recatisi a visitarlo a distanza di anni. Avevano intenzione di trascorrere una giornata all’aria aperta ammirando quelle che ricordavano essere vere e proprie meraviglie faunistiche, ed invece si sono imbattuti in situazioni descritteci come al limite del raccapricciante. Cosimo D. e Luca S. neanche a metà della loro visita hanno addirittura pensato bene, da buoni animalisti, di tornarsene indietro, toccati profondamente dalle condizioni in cui versa la maggior parte delle specie, per fortuna poche, oggi ancora ospitate. “Alcune cose in particolare – afferma Cosimo D. - ci hanno scioccati: il cammello è costretto a muoversi in uno spazio ristrettissimo; dal rettilario proviene un odore nauseante; non ci sono più elefanti, giraffe ed orsi polari; i vialetti sono al limite della praticabilità; perfino gli alberi non sono più come un tempo e coprono le gabbie ostacolando la visuale. Io sono un amante degli animali ed uno spettacolo simile non sono riuscito proprio a tollerarlo fino in fondo…Se dev’essere così, è meglio chiuderlo! Poi ci siamo chiesti se i topi intravisti vicino l’uscita facessero parte delle specie ospitate dallo zoo…”. Gli fa eco Luca S.: “ci siamo pentiti di aver pagato il biglietto per assistere a quella indecenza e non abbiamo neppure terminato la nostra passeggiata ecologica, siamo andati via prima, sdegnati. Ci piacerebbe capire il perché di quanto abbiamo potuto purtroppo osservare, di chi siano le responsabilità. Sapevo che gli attuali proprietari, che sono poi quelli storici, tenevano molto agli animali. Prima non era così. Solo le tigri sembrano godere di buona salute, gli altri animali si presentano sporchi e denutriti”. Il signor Eugen Wehimann, gestore dello zoo dal 1980, conosciuto come ottimo domatore di tigri, avrà avuto un occhio di riguardo per i suoi animali preferiti…Stupisce un po’ tutti il fatto che si sia arrivati alla situazione odierna: i Tedeschi gestori dello zoo sono da sempre considerati veri e propri amanti degli animali, tanto che i più si rifiutano di credere che tutte le responsabilità dello stato attuale di degrado siano imputabili a loro. A chi sono da attribuire allora le colpe? Chi sta facendo mancare allo zoo il sostegno un tempo evidentemente offerto? Chi ha col tempo contribuito a sottrarre al paese ed al circondario quella grossa attrazione turistica per famiglie che lo zoo rappresentava? Cosa è cambiato nella gestione, nei finanziamenti, rispetto al tempo in cui era possibile ammirare esemplari ben nutriti, curati ed in ottimo stato di salute e vegetazione altrettanto rigogliosa? Qualora non fosse più possibile tenere il giardino zoologico in condizioni quantomeno decenti, perché non chiuderlo e salvare le specie superstiti? Questo i cittadini, tutti i cittadini, si chiedono. Le condizioni attuali non paiono più sostenibili per gli animali in primis, ma anche per i visitatori, loro malgrado costretti a tollerare uno spettacolo “bestiale” non inscenato dalle povere bestie.

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